Il “Buono, Pulito e Giusto” di Carlo Petrini letto e recensito da prospettiva Vegan

buono-giusto-pulito-carlo-petrini Ho iniziato a leggere questo libro con un po’ di scetticismo perché non è uno di quelli che ho scelto di leggere ma mi è stato regalato. Dico scetticismo perché non mi fido molto di quelli che parlano di cosa sia più giusto o meno giusto mangiare e poi addentano soddisfatti pezzi di cadavere.

Questo non vuol dire che, durante la lettura, non abbia “spento” il mio senso critico ed i miei pregiudizi, ho infatti preso tutto il contenuto con la massima apertura mentale e senza formulare giudizi prima di aver finito l’ultima pagina. Ed infatti, a posteriori, posso dire di essere d’accordo con la quasi totalità di quello che dice Carlo Petrini in “Buono, Pulito e Giusto. Principi di nuova gastronomia“.
Non voglio scendere troppo nei dettagli parlando di questo saggio per evitare di togliere al lettore la voglia di leggere questo libro, che certamente consiglio (io ho letto l’edizione del 2005 ma quest’anno ne è stata pubblicata una nuova con contenuti inediti). Il fondatore del movimento “Slow Food” scrive dei tre criteri a cui dovremmo far attenzione prima di scegliere un cibo. Questi sono poi diventati lo slogan del movimento: Buono, Pulito e Giusto.

Buono

Un cibo deve essere prima di tutto buono, deve essere piacere oltre che nutrimento. Per essere considerato buono, in maniera quanto più possibile oggettiva, deve possedere delle qualità organolettiche superiori e delle caratteristiche di naturalità e freschezza di eccellenza.

Pulito

Se un cibo è anche pulito significa che dall’inizio del suo processo di produzione non ha avuto un impatto negativo sull’ambiente e sulla natura. Questo implica metodi di agricoltura (biologici, biodinamici) che non hanno stressato e non hanno inquinato la terra, che non hanno avuto ripercussioni negative sulla bio-diversità del territorio. Che non abbia viaggiato troppo dal luogo di produzione alla tavola del “consumatore” finale. Che sia in una sola parola: sostenibile.
Un cibo pulito è quindi quasi sempre anche buono, un cibo buono invece non è sempre e per forza anche pulito.

Petrini fa l’esempio se sia più “pulito” un mango biologico proveniente dal brasile via nave o del pane comprato dal panettiere sotto casa (prodotto però con farine OGM che hanno avuto bisogno di tonnellate di schifezze chimiche per crescere)

Giusto

Se a tutti i livelli della produzione alimentare c’è stata giustizia sociale, rispetto per i lavoratori, della ruralità, della vita in campagna allora un cibo può essere considerato anche giusto. È quindi chiaro che un cibo buono e pulito, biologico, biodinamico, locale non è per forza anche giusto.

Cosa possiamo fare noi?

L’autore ovviamente spazia sia prima, che dopo aver identificato questi tre criteri fondamentali, sulla figura del gastronomo, su alcune sue significative esperienze personali e su cosa possiamo/dobbiamo fare per migliorare il mondo, la qualità del nostro cibo, lo status di chi lavora per produrlo (circa la metà della popolazione mondiale). Identifica una rete di “comunità“, “comunità del cibo” ed un’unica “comunità di destino” di cui tutti facciamo parte.

Sono due le intuizioni di Carlo Petrini che ritengo, una il punto di partenza e l’altra il punto di arrivo, fondamentali e che avevo già fatto mie durante il percorso spirituale che sto ancora facendo:

  • scegliere cosa comprare (soprattutto, ma non solo, riguardo al cibo) e consumare equivale a VOTARE, e ci da sicuramente più potere, perché se il mondo è nella situazione attuale è per colpa di chi ha “finanziato” le multinazionali che lo stanno distruggendo. Quindi è colpa nostra. In questo modo il “consumatore” deve diventare e diventa co-produttore del cibo che consuma.
  • tornare a vivere nella semplicità delle comunità dove in un futuro non troppo lontano, non utopico, non avremo più bisogno del denaro.

Dal un punto di vista “Vegan”

Chi diventa vegano (o anche vegetariano), per motivi etici, ambientali e spirituali ha già fatto sue queste considerazioni in modo naturale dentro di sé. Ha già deciso cosa danneggia il pianeta e sceglie tutti i giorni consapevolmente cosa mangiare. Ma questo è solo il livello più superficiale di chi ha fatto questa scelta.

Infatti un cibo che abbia provocato dolore, terrore e morte ad altri “terrestri” (vi consiglio i documentario Earthlings), oltre ad aver inquinato il nostro pianeta (è vero anche Petrini si scaglia contro gli allevamente intensivi, ma senza questi non ci sarebbero abbastanza carne, latte, uova e derivati per tutti noi sette miliardi), non può essere, in alcun modo, e questo mi pare ovvio, né PULITO né GIUSTO… e ho i miei dubbi anche sul BUONO.

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